Doshi sul BMJ: «Vaccini e trattamenti per il covid-19: dobbiamo avere i dati grezzi, ora»

di Terra Nuova

Peter Doshi firma, insieme a Fiona Godlee e Kamran Abbasi, un editoriale sul British Medical Journal dal titolo “Vaccini e trattamenti per il covid-19: dobbiamo avere i dati grezzi, ora”.

Non è passato inosservato l’editoriale che Doshi, Godlee e Abbasi hanno firmato sul British Medical Journal per chiedere l’immediata diffusione dei dati grezzi, originali, relativi ai vaccini covid-19 e ai trattamenti.

Doshi e colleghi esordiscono ricordando la vicenda di una decina di anni fa del Tamiflu e degli antivirali acquistati per miliardi di dollari e poi mostratisi non in grado di ridurre il rischio di complicazioni, i ricoveri in ospedale e le morti per l’infezione che avrebbero dovuto contrastare. «La maggioranza degli studi che avevano avvalorato l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie e giustificato le scorte di oseltamivir (Tamiflu) acquistate dai governi era sponsorizzata dai produttori» si legge. «La maggior parte non era stata pubblicata, e quelli che avevano visto la pubblicazione erano opera di “ghostwriter” pagati dai produttori; chi risultava tra i principali autori non aveva nemmeno avuto accesso ai dati grezzi e gli accademici che richiesero l’accesso ai dati per analisi indipendenti ricevettero un rifiuto». E l’editoriale sottolinea come fu proprio da quello scandalo che si iniziò a prestare attenzione all’importanza di avere i dati grezzi e che si iniziò una campagna per richiedere trasparenza.

«Progressi ne sono stati fatti, ma chiaramente non abbastanza» prosegue l’editoriale. «Gli errori dell’ultima pandemia si stanno ripetendo. La memoria è corta» si legge in riferimento al fatto che oggi i dati cosiddetti grezzi restano inaccessibili a medici, ricercatori, opinione pubblica. Gli autori menzionano poi alcuni produttori di vaccini e il remdesivir e non mancano di sottolineare il fatto che la stessa EMA, l’Agenzia del farmaco europea, non abbia potuto basare le sue decisioni sui dati grezzi. Si fa inoltre riferimento al fatto che la FDA sia l’ente che più ha avuto a disposizione dati grezzi, ma gli autori sottolineano come «non li abbia rilasciati in modo proattivo».

«Dopo una richiesta avanzata alla FDA sulla base del Freedom for Information Act per ottenere i dati sul vaccino Pfizer, la FDA stessa ha proposta di fornire 500 pagine al mese, iter che avrebbe richiesto decenni». Il giudice ha poi rifiutato questa opzione e ha ordinato alla FDA di fornire 55.000 pagine al mese.

Gli autori dell’editoriale ribadiscono come sia essenziale garantire l’accesso ai dati originari e rendere trasparenti le decisioni. Per esempio, sarebbe importante sapere perché gli studi sui vaccini non sono stati progettati per verificarne l’efficacia contro l’infezione e contro la diffusione del Sars-Cov-2. E nell’editoriale non manca un accenno ai trascorsi di accuse di frode per alcune aziende farmaceutiche e l’assenza di curriculum pre-covid per altre.

Scrivono ancora gli autori: «Il BMJ sostiene le politiche vaccinali basate su evidenze solide» e «non può essere giustificabile né è nel miglior interesse dei pazienti e del pubblico che ci si ritrovi a doversi fidare del sistema, con la lontana speranza che i dati di base siano resi disponibili per la verifica pubblica in un futuro non ben definito».

«Lo stesso vale per i trattamenti per il covid-19. La trasparenza è la chiave per costruire la fiducia e una via importante per rispondere alle legittime domande della gente riguardo l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei trattamenti nonché delle politiche cliniche e di salute pubblica individuate per il loro utilizzo».

E ancora: «I dati devono essere disponibili quando i risultati dei trial sono annunciati, pubblicati o utilizzati per giustificare decisioni regolatorie. Non c’è spazio, durante una pandemia, per esenzioni indiscriminate dalle buone pratiche. La popolazione ha pagato per i vaccini covid-19 attraverso gli ingenti fondi pubblici alla ricerca ed è la popolazione che si fa carico del rapporto rischio-beneficio che accompagna la vaccinazione». 

L’editoriale afferma che i dati sono dunque un diritto, e che «le aziende farmaceutiche stanno ottenendo grandi profitti senza un’adeguata verifica indipendente di ciò che diffondono come affermazioni scientifiche». E in altro passaggio sottolinea come «lo scopo dei regolatori non è quello di ballare al ritmo impresso dalle ricche corporation né quello di farle arricchire ulteriormente; bensì è quello di proteggere la salute delle popolazioni. Abbiamo la necessità di una completa trasparenza dei dati per tutti gli studi, ne abbiamo bisogno ora».

Pubblicato il 27/01/2022 su:

Potrebbero interessarti anche...